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L’INRAN critica. GIFT risponde

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L’INRAN (Istituto Nazionale Ricerca Alimenti e Nutrizione) è un istituto di ricerca che opera sotto l’egida del Ministerodelle Politiche Agricole e Forestali allo scopo di educare la gente comune ad una più corretta alimentazione.
Per perseguire tale scopo – come la nazionale italiana di calcio – può valersi (se lo vuole) dei migliori professionisti incircolazione. Ma, come ogni tifoso sa, non sempre questo avviene e simpatie e antipatie “dell’allenatore” possono fare la differenza.
Una solerte lettrice – forse con intento critico – ci ha segnalato un commento apparso nel giugno 2007 (che ci era completamente sfuggito) sul forum online del Corriere della Sera, a firma Andrea Ghiselli (appunto ricercatore dell’INRAN), in risposta a un certo Roberto che chiedeva informazioni su DietaGIFT, che riportiamo integralmente:
«La dieta Gift è una delle tante diete che ogni tanto viene fuori con i nomi più strampalati. Ha dei punti condivisibili edencomiabili: punta sull’attività fisica, sulla prima colazione e sulla suddivisione delle calorie nei vari pasti, riaccoppia finalmente proteine e carboidrati che qualche scriteriato cerca di dissociare, incita al consumo di tanta frutta e verdura, preferisce cereali integrali. E fin qui siamo sulla mediterranea classica. Poi però infila dentro robe di dubbia pertinenza: controllo delle intolleranze ed equilibrio psicofisico. Non so cosa dicono i fautori rispetto alla dieta mediterranea ma vorrei precisare che la dieta mediterranea è una dieta che non è stata inventata, è stata osservata. In altre parole un ricercatore americano è venuto in Italia perché qui e in Grecia si osservava una mortalità per malattie cardiovascolari estremamente bassa. Si è messo astudiare perché e lo ha messo in relazione alla dieta che facevano. Ma non ha modificato la dieta, l’ha codificata, cioè l’ha scomposta per vederne la ripartizione e la composizione. Quindi la dieta mediterranea è il “golden standard” e le altre diete sono più o meno carenti di questo o di quello in relazione alla dieta mediterranea. Per farla breve non è la dieta mediterranea ad essere eccessivamente basata sui carboidrati, ma altre diete a non esserlo.»
L’autore di queste righe segnala dunque che dieta GIFT si pone correttamente nei confronti di una serie di raccomandazioni quali l’attività fisica, la prima colazione ricca, l’accoppiamento proteine-carboidrati, e l’ampio utilizzo di frutta e verdura e di carboidrati integrali. Critica invece il controllo delle intolleranze e l’enfasi su un corretto equilibrio psicofisico, come “robe di dubbia pertinenza”. Ma soprattutto confronta GIFT con la cosiddetta “dieta mediterranea” assegnando patenti di validità solo in relazione a quella, arrivando infine a dire che una dieta può essere valutata solo in relazione a quel “golden standard”. Ovvero: ipse dixit.
Se qualcuno dice qualcosa di diverso da ciò che un americano ha “osservato” negli anni ’50, benché scientificamente documentato, va riportato a tale assoluta e indiscutibile dogmatica verità. E bocciato senza pietà se se ne discosta. Un approccio davvero scientifico. Il volume “DietaGIFT, dieta di segnale”, pubblicato a maggio del 2009 da Rizzoli (sempre gruppo RCS), e già alla sua terza edizione (!), è un tentativo di impostazione dietologica su base scientifica, nel quale ogni affermazione è suffragata da recenti lavori scientifici, con i quali qualunque scienziato deve confrontarsi prima di criticare in modo superficiale.
Perché è facile dire “ci sono troppe proteine” oppure “non si può dimagrire se non si abbassano le calorie”. Al bar va benissimo. In ambito scientifico, invece, si fa brutta figura se non si documenta ciò che si dice. Il che non è garanzia di verità (ogni lavoro può essere confutato da un altro di pari autorevolezza), ma almeno pone su unpiano scientifico lo scontro.
Diversamente siamo al dogma, che grazie al cielo resta fuori dalla scienza.
Ora, che le cosiddette “intolleranze alimentari” (dal 2004 più correttamente definite con Sampson “allergie alimentari ritardate”) abbiano rilevanza nell’innalzamento dell’infiammazione generale dell’organismo, e che tale infiammazione porti ad un accumulo indesiderato di grasso, è da anni scientificamente documentato (vedi per esempio questi riferimenti all’effetto dell’infiammazione su numerose patologie).
Ed altrettanto documentata è l’azione dell’innalzamento dei livelli di cortisolo conseguenti a stress psicofisico o aprivazione di sonno non solo sull’ingrassamento in genere (vedi a puro titolo di esempio i recenti lavori di Kohatsu e Lakartidningen), ma in particolare sull’accumulo ventrale di adipe: quello più pericoloso dal punto di vista cardiovascolare.
Altro che “robe di dubbia pertinenza”. Mi pare materia che dovrebbe interessare da vicino chi riceve da noi stipendi e incarichi per la difesa della salute pubblica attraverso l’alimentazione.
Ancor più, tuttavia, ci offende il raffronto con la dieta mediterranea. Ma qualcuno sa cos’è la dieta mediterranea? Se andiamo in libreria troviamo almeno 10 volumi diversi che si rifanno ai suoi principi. Bene, non ce n’è uno uguale all’altro. Chi mette enfasi su frutta e verdura, chi sul pesce o sull’olio d’oliva, chi (ahimé) su pane e pasta, talvolta neppure integrali. Ma si sa, sono le solite diete “strampalate”.
Se ci spostiamo su un piano più scientifico e andiamo a vedere (ma occorre leggere i lavori interi, non gli abstract!) le indicazioni date ai gruppi che sono stati sottoposti a “dieta mediterranea”, confrontati con gruppi seguiti con modalità diverse (per esempio low fat o low carb), troviamo anche qui differenze abissali. E in molti lavori una dieta low-carb si è rivelata molto più efficace nell’indurre dimagrimento rispetto ad una mediterranea “classica”.
Il che significa una sola cosa: la dieta mediterranea esiste solo come astrazione generica che valorizza alcuni cibi più sani (e meno dannosi dal punto di vista cardiovascolare) rispetto ad altri (fritti, alterati, industriali) che sono invece sconsigliati. Grazie, lo sapevamo già da 50 anni.
La vera domanda è semmai se può una dieta basata sui principi della “mediterranea” indurre dimagrimento (inteso scientificamente come perdita di massa grassa, non di solo peso). E qui la risposta non c’è, o se c’è va proprio nella direzione opposta.
Proprio il Ministero della salute nel 2008 ha rilasciato un lavoro analitico (questa sì un’osservazione seria, non un americano che si sveglia un mattino e ha un’illuminazione…) chiamato “Okkio alla salute”, che ha rilevato, analizzando 46.000 bambini della terza elementare, come l’obesità infantile (e il sovrappeso) siano soprattutto una questione “mediterranea”.
La cartina italiana ha infatti tre colori ben distinti: uno per le regioni del Nord (bassa incidenza di obesità infantile), uno per le regioni del centro (incidenza media), uno per le regioni del sud (altissima incidenza di sovrappeso e obesità infantile). I dati sono sconvolgenti, con una media nazionale di obesità del 12% e di sovrappeso del 34% circa. Sarà forse perché al sud mangiano molte arance, frutta e verdura? O non, piuttosto, perché c’è un’abitudine scriteriata ad imbottirsi di carboidrati, a partire dalle merendine industriali (e gelati, dolciumi, bibite) per arrivare poi a pizza, pane e pasta raffinati, che sembrano rappresentare la base alimentare principale dei nostri ragazzi del sud?
Non è forse che il concetto“vago” di dieta mediterranea tanto caro ai nostri amministratori serva in realtà solo a generare un calderone in cui inserire i pregi della produzione italiana di pasta, olio, formaggio, salumi, tanto apprezzati all’estero?
Nessuno discute sul fatto che consumare abitualmente olio d’oliva extravergine possa giovare alla nostra salute, come nessuno disconosce la qualità di alcuni prodotti alimentari italiani. Ma una dieta mirata alla mobilizzazione dei grassi superflui deve basarsi su dinamiche di segnale, attivando le molecole coinvolte nell’accumulo e nel consumo (leptina, adiponectina, resistina, ghrelina, GLP-1 ecc.).
Se questi segnali non vengono perseguiti, il solo mangiare genericamente “cose sane”, non ci porterà lontano.
Ci chiediamo dunque (girando la domanda ai responsabili dell’INRAN, e a chi li sceglie), se di fronte ad un’epidemia disastrosa di obesità e diabete che colpisce prima di tutto i nostri ragazzi, non sia il caso – invece di dormire sul comodo cuscino della “dieta mediterranea”, tanto caro ai nostri produttori alimentari – di affrontare con decisione alcuni punti chiave.
Per esempio ci dovrebbero spiegare perché, visto che è condivisa la necessità di fare uso esclusivo di farine e di cereali integrali in luogo di quelli raffinati, i nostri ragazzi devono trovare nelle mense delle loro scuole pubbliche solo pane e pasta raffinati. Ci devono spiegare perché nelle mense degli ospedali viene servita ancora pasta bianca. Ci devono spiegare perché viene consentito ad aziende terze di piazzare nelle scuole di ogni ordine e grado macchinette distributrici di merendine, pizzette, bevande gassate zuccherate, caffé e cappuccini superdolcificati, senza una sola alternativa fatta – che so – di frutta secca, di mela disidratata, di spremuta non zuccherata, di panino integrale.
Questa è la differenza tra i fatti e le parole. Parlare in modo generico di “dieta mediterranea” fa comodo a chi nulla vuole cambiare. Dileggiare con tono da bar una dieta come la GIFT che – finalmente senza nuocere in alcunmodo alla salute – consente un’attivazione del metabolismo basata sui segnali ipotalamici invece che sulle fallimentari (e dannose: questo sì pluridocumentato) diete ipocaloriche, ci sembra veramente un esercizio di arroganza non richiesto.
Che spiega molte cose sul completo fallimento delle politiche alimentari per i nostri ragazzi licenziate in questi ultimi decenni, i cui risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti.
Dieta GIFT non è “una delle tante diete”. È un’innovazione profonda (scientificamente documentata) nell’interpretazione delle dinamiche di risposta ipotalamiche, in grado di orientare tutti gli assi metabolici (tiroide, surrene,gonadi, apparato muscolo-scheletrico) verso il consumo piuttosto che verso l’accumulo.
Sarebbe ora che qualcuno, troppo comodamente seduto sulle fallimentari certezze fatte di diete ipocaloriche e di scelte mediterranee, incominciassea cambiare gli occhiali e a vedere l’organismo umano con occhi diversi. Per non rischiare di dire ancora che l’equilibrio psicofisico è “roba di dubbia pertinenza”.
Siamo qui, come sempre, in prima linea. A lavorare innovando, ricercando, collegando. Cercando di dare un contributo scientifico a questo settore spesso preda di spinte diverse. Siamo fallibili come tutti. Ma quando vediamo un ragazzo obeso o in sovrappeso di 10 anni, che non ha fatto altro che riempirsi di carboidrati, nella più totale sedentarietà, ci fa male la pancia.
Perché sappiamo che lui e i suoi genitori hanno sicuramente qualche colpa. Ma sappiamo anche che le istituzioni non hanno fatto ciò che si doveva e poteva fare perché il 46% dei suoi compagni non gli facesse compagnia.
Invece di criticare le diete che funzionano, i ricercatori dell’INRAN cerchino mezzi pratici ed efficaci per rendere operativenelle scuole, negli ospedali, nei supermercati, almeno le regole che insieme condividiamo. Perché capiscano il valore delle altre, la cui portata pratica ancora forse ignorano, possiamo aspettare qualche tempo.
Sperando che l’allenatore, prima o poi, si renda conto di chi ha lasciato in panchina.

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