Esistono “trucchi” di longevità? Ed intendiamo una sana longevità. Uova, digiuni, attività fisica, o altro?
Sulla rivista di podismo “Correre” con cui il nostro staff collabora da anni, esce a Settembre 2015 questo articolo del dottor Luca Speciani che aiuta a fare ordine nella massa di informazioni, spesso contrastanti e talvolta ascientifiche, sul delicato tema del prolungamento della vita, anzianità senza acciacchi, approccio antiaging.
Lo offriamo ai lettori del nostro sito perchè riteniamo sia un dibattito di grande interesse.
Due segreti
Qualche anno fa ricevetti in studio una paziente di circa 50 anni, che tuttavia ne dimostrava una decina in più. Appena seduta mi disse con molta sicurezza che il motivo per cui (nella sua testa) dimostrava molti anni in meno della sua età (!), risiedeva nei suoi due segreti: un’aspirina tutti i giorni, e una totale sedentarietà che – a suo dire – le evitava gli ìnestetici segni sul viso tipici di chi fa sport. Alla domanda sui motivi che la spingevano a farsi visitare da me rispose che in effetti troppo bene non stava: aveva frequenti dolori gastrici (effetto dell’uso continuato di aspirina e di altri analgesici) e un generale rallentamento metabolico che le generava stipsi, gonfiore, stanchezza e un filo di pinguedine (effetti comuni in chi sia sedentario). Quando le spiegai che la causa del suo precoce invecchiamento era proprio nei suoi due “segreti” non fu contenta. Capire che l’invecchiamento non dipende da uno o due fattori ma dal buon funzionamento sinergico di tutte le nostre funzioni è un passo culturale importante, che non tutti sono in grado di raggiungere.
Un’auto a diverse velocità
Immaginiamo per un istante che il nostro corpo sia un’automobile e che le sue parti abbiano diversi gradi di invecchiamento. Se il motore consente di andare a 200 km all’ora ma le ruote, lise, consentono al massimo di andare a 50, vi è un evidente spreco di risorse che in natura non è accettabile. Ove l’auto fosse un organismo biologico, questi smonterebbe un po’ di motore per ricostruire in parte le ruote, così da andare alla massima velocità possibile (per esempio 150 km/h). Se ciò non fosse possibile l’intero organismo posizionerebbe il suo “invecchiamento” sul livello più basso (in questo caso quello delle ruote lise) e l’autovettura marcerebbe al massimo a 50 all’ora. Questo concetto prende il nome di “invecchiamento parallelo” e deve farci capire che se anche uno solo tra i nostri organi è in difficoltà, o precocemente invecchiato, c’è il rischio concreto che in breve tempo altri organi ad esso funzionalmente correlati possano invecchiare altrettanto precocemente. Si spiega così come il polmone annerito di un fumatore possa trascinare con sé l’invecchiamento della pelle, l’impigrimento dell’intestino, l’ingiallimento dei denti, l’alito pesante, ecc. sia per effetto diretto delle tossine presenti nel fumo, sia per invecchiamento parallelo di organi e tessuti.
Le teorie sull’invecchiamento
In effetti le teorie sull’invecchiamento sono state molte, e ciascuna con qualche punto di verità. Nel 1942 si parlava di proteine cross-linked. Nel 1956 di radicali liberi. Nel 1962 di DNA danneggiato. Nel ’78 l’interesse si incentra sulle membrane cellulari e nell’87 sulla glicazione (un fenomeno biologico tipico nei diabetici, in grado di interferire con molte funzioni). Infine, in tempi più recenti si è incominciato a parlare di accorciamento dei telomeri e di restrizione calorica. Tra tutte le varie teorie quest’ultima sembra davvero essere la più ingenua. Si basa infatti su pochi lavori scientifici gravati da molte imprecisioni, che darebbero per valido l’assunto secondo il quale basterebbe mangiare poco per vivere a lungo. L’affermazione è tanto semplicistica e superficiale da fare il paio con l’altra – che da anni combattiamo con forza – secondo cui basterebbe mangiare poco per dimagrire. Nulla di più falso, come capiremo tra breve.
Lavori mal interpretati
Una prima serie di lavori, in verità un po’ datati, documenterebbe su topi un prolungamento dell’attesa di vita a fronte di una certa restrizione calorica. In questi lavori il punto chiave è legato alle quantità corrette di cibo previste da madre natura per quegli animali, e alle condizioni di laboratorio in cui gli esperimenti vengono condotti. L’appetito naturale del topo tende ad essere comunque soddisfatto, in previsione di una vita in perenne movimento proprio alla ricerca di cibo. Ma se il topo è costretto in una gabbia, i suoi movimenti si riducono a zero e le quantità ritenute “normali” diventano senza dubbio eccessive. Come se un uomo sedentario che viva col sedere attaccato al suo divano mangiasse il cibo idoneo a sfamare un cacciatore-raccoglitore del paleolitico. Diventerebbe ben presto obeso. Ora, è chiaro che se a quest’uomo (o a quel topo sedentario) riduciamo le quantità di cibo, non possiamo che ottenere un beneficio in termini di salute e di aspettativa di vita. Ma non è in alcun modo dimostrato (anzi la scienza teorizza l’opposto sulla base dei più recenti studi sul rapporto tra leptina e assi ormonali) che riducendo l’apporto di cibo ad un individuo in perfetta forma gli si allunghi la vita.
Un grande malinteso
Più recentemente sono stati svolti dei lavori su macachi che avrebbero dimostrato lo stesso concetto: riducendo le calorie la vita dei macachi si allungava (Mattison, Nature 2012). Anche qui però un minimo di revisione critica spiegava il meccanismo (che osservando le fotografie dei macachi sarebbe stato immediatamente chiaro): la dieta seguita dai macachi era assolutamente innaturale e insalubre. Riducendo la quantità di cibi malsani che venivano somministrati agli animali da esperimento, il beneficio era immediato e gli animali stavano un po’ meglio. Un po’ come se riducessimo la quantità di grappa e di wurstel con patatine ad un individuo sotto sperimentazione, scoprendo che chi ne mangia di meno vive un po’ di più. La scoperta dell’acqua calda.
Stimoli positivi temporanei
Una parziale spiegazione può dipendere dalla constatazione del fatto che un periodo di digiuno produce radicali liberi (tossici) all’interno del mitocondrio, inducendo una reazione naturale di protezione con la produzione di antiossidanti naturali. Se questo fenomeno avviene naturalmente (per esempio nel lasso di tempo che va da una frugale cena serale fino alla colazione del mattino), ben venga. Ma se dobbiamo pensare di utilizzarlo come strumento regolare di antiaging siamo sulla strada sbagliata. Perché allora non avvelenare i tessuti con un po’ di candeggina, così che rispondano in modo difensivo producendo antiossidanti? Sembra evidente il fatto che nel complesso sia più il danno del vantaggio. Quegli antiossidanti tamponano un danno, lo riducono, ma non potranno mai ribaltarlo in un vantaggio.
La metafora del terremoto
Per far capire ai medici in formazione “di segnale” quali possano essere i tranelli sulle risposte alla restrizione calorica, usiamo la cosiddetta “metafora del terremoto”. Un terremoto sicuramente fa lavorare maggiormente, nei mesi successivi al sisma, le imprese edili. Ma se il nostro obiettivo è una città più dinamica e prosperosa, alternare terremoti a piccole ricostruzioni non è certo la strada più corretta da intraprendere. Se però un analista economico analizzasse i trend di crescita delle imprese edili nel dopo terremoto, non potrebbe che concludere che un terremoto intermittente può solo fare bene alla città. Per essere bravi medici e capire qualcosa di nutrizione e di antiaging è necessario avere una visione d’insieme un po’ più ampia.
Due uova a settimana?
Il problema con l’antiaging è che ciascuno pensa di aver capito tutto perché ha letto qualcosina sui vegliardi di Okinawa piuttosto che della Georgia. Eppure la classifica dei più longevi al mondo riserva qualche sorpresa. Per esempio nei giorni scorsi la stampa ha ampiamente riportato la testimonianza di una vecchina di Verbania che ha compiuto 116 anni. Interrogata sui suoi “segreti” ha detto: da quando sono una ragazzina, ogni mattina faccio colazione con due uova fresche. La dichiarazione ha lasciato perplessa quella pletora di nutrizionisti che da decenni continua a ripetere, senza il supporto di alcuna base scientifica, che si possono consumare al massimo due uova a settimana. E di biscotti fatti di zucchero, farina 00 e olio di palma quanti? Perché non ci dicono che la risposta corretta è “zero”?
Dal lago Maggiore alle Ande
Un anno fa è deceduto quello che era l’uomo più vecchio del mondo, un contadino andino di 138 anni. Il suo “segreto” era l’aver consumato, come piatto più frequente della sua mensa, un mix di Quinoa, carne di serpente e foglie di coca. Che c’entra questa dieta apparentemente stramba con il pesce e le verdurine di Okinawa o con la dieta mediterranea descritta da Ancel Keys? Nulla, naturalmente. Ma serve a farci capire che ogni volta che qualcuno voglia cercare di dimostrare l’effetto sulla longevità di un singolo ingrediente alimentare, ci allontaniamo dalla comprensione dei fatti. È chiaro che vi sono dei vincoli inamovibili legati alla biologia umana (se non si mangiano adeguate quantità di carboidrati complessi, di proteine nobili, di fibra, di vitamine e minerali, nessun essere umano può restare in salute), ma come abbiamo visto la ricetta alimentare varia molto da Verbania alle Ande, dal Giappone alla Campania. Che il vero segreto sia altrove?
Giù dal divano
Una caratteristica che accomuna tutti questi anziani molto longevi (oltre, immaginiamo, ad una fortunata genetica) è quella di vivere in piccoli paesi o città, inseriti in un ambiente con un forte supporto sociale e la possibilità di contatti umani sereni e privi di stress. A Milano o a New York non si trova neppure un centenario. Se è lì è perché in passato ha vissuto altrove. Ma ancora più importante, per tutte queste persone, è stato il loro svolgere attività fisica in modo regolare, quotidiano, per molti anni della loro vita. Questo fatto, che accomuna tutti i più che centenari, dovrebbe farci riflettere a lungo. Se vogliamo vivere tanto e bene sarà consigliabile mangiare sano ed equilibrato, instaurare rapporti sereni con chi ci sta vicino ed essere parte di una comunità o di un gruppo che ci dia supporto. Ma più di tutto sarà bene che ci infiliamo le scarpette e incominciamo a muoverci. La vita è troppo breve per correre il rischio di accorciarla. Se vogliamo aggiungere qualità ai nostri anni, alziamoci da quel divano o da quella tastiera e imbocchiamo il primo sentiero verde a nostra disposizione. Anni di serena longevità ci aspettano.

Neuroinfiammazione e Microbiota Intestinale
di Guido Marini, Gastroenterologo Per molto tempo gli scienziati hanno