Mio padre Luigi Oreste, quando qualcuno si metteva a discutere di medicine alternative o complementari soleva rispondere, guardando con i suoi occhi intensi, che la medicina è una.
Di questo sono profondamente convinto anch’io. Quando parlo di “medicina di segnale” in senso didattico lo faccio per identificare una visione della fisiologia umana e della malattia che si basano sulle più recenti cognizioni scientifiche disponibili in letteratura. Ma non sto parlando d’altro che dei normali meccanismi di regolazione dei principali assi metabolici umani, così come si trovano descritti nei testi di biochimica, fisiologia, endocrinologia e medicina interna. Quello che fa la differenza, forse, è l’interpretazione operativa di questi dati, che assegna importanza alle capacità regolative di adipochine, enterochine e miochine, piuttosto che a elementi di forzatura esterni come i farmaci.
Se la medicina è una, arricchita da contributi scientifici di ogni provenienza, è anche vero, come dice Kuhn ne “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, che ogni dato scientifico, ancorché documentato ha in realtà valore solo all’interno di un paradigma condiviso. Concordo molto con questa coraggiosa affermazione. Per esempio usare un farmaco antipertensivo riduce documentatamente (EBM) la pressione. Ma sceglie di usarlo solo il medico che condivida il paradigma (condiviso da molti) secondo cui è utile forzare l’organismo su valori pressori più bassi nonostante il corpo cerchi di alzarli con uno scopo (tamponare l’eccesso di sale, raggiungere distretti lontani, contrastare l’indurimento arterioso). Nel mio paradigma medico di segnale le patologie sono espressione di disagi e disfunzioni che non vanno soppresse ma comprese, corrette, curate. L’intervento sulle cause, curativo, non è meno “evidence based” dell’uso selvaggio di uno, due, tre antipertensivi spesso inutili (il corpo risponde accentuando la risposta) e sicuramente dannosi per i loro effetti collaterali a livello renale. Ogni medico è responsabile delle proprie scelte su ogni singolo paziente, e ogni caso è a sé. Ma è anche dovere del medico, nel rispetto del giuramento di Ippocrate, rifiutarsi di seguire pedissequamente dei protocolli, ragionando, ragionando e ancora ragionando. Per la dignità nostra e dei nostri pazienti. Medicina di segnale è anche questo. Ma andiamo con ordine e proviamo a partire dalla scoperta della leptina per capire cosa intendiamo quando parliamo di segnali ipotalamici di regolazione metabolica.
Nel 1994 viene scoperta, in Pennsylvania da Friedman, la leptina, un’adipochina particolarmente importante per la regolazione delle risposte ipotalamiche di accumulo o di consumo energetico. Friedman se ne occupa pensando di trovare un farmaco che faccia dimagrire le persone obese. L’obeso geneticamente leptino-privo (un caso molto raro), infatti, dimagrisce in tempi rapidissimi non appena incomincia ad assumere leptina. Non così avviene invece nell’obeso ordinario, che è un leptino-resistente, e questo porta nel giro di pochi anni l’industria ad abbandonare l’idea di un farmaco dimagrante basato sulla leptina. Ma la scoperta di Friedman ha ormai aperto un nuovo filone di ricerca: se il tessuto adiposo è un organo endocrino a tutti gli effetti, occorre indagare prima di tutto quali siano le altre molecole segnale (adipochine) da esso prodotte oltre alla leptina, e in secondo luogo va indagato come queste molecole interagiscano con il resto dell’organismo per capire se il loro studio può gettare nuova luce sulla comprensione non solo dei meccanismi di ingrassamento e dimagrimento, ma anche sulle risposte dell’organismo a stimoli esterni alimentari, sportivi, farmacologici.
Il topo geneticamente leptino-privo ingrassa a dismisura e non vi è pratica alimentare, sportiva o farmacologica (a parte la somministrazione esterna di leptina) in grado di interferire con il suo ingrassamento. Qualunque operatore sanitario che si occupi di nutrizione dovrebbe, davanti a questo dato, mettersi ad indagare sugli effetti di questo ormone con grande meticolosità. Io l’ho fatto, e ogni lavoro scientifico in più che studiavo sulla leptina mi offriva un quadro di lettura più completo, evidenziando come la leptina fosse, molto sinteticamente parlando, un segnale di piena soddisfazione calorica e qualitativa dei fabbisogni dell’individuo. Lo studio della leptina ha dunque indicato una nuova strada che prescinde dagli apporti calorici maggiori o minori per dare invece valore alla regolazione delle modalità di accumulo o di consumo dell’organismo da parte dell’ipotalamo (un pezzo molto antico del nostro cervello che già regola pressione, temperatura, idratazione, fertilità). In altre parole: se l’ipotalamo – sulla base dell’informazione leptinica – dice all’organismo che può consumare, consuma. Se dice che non può permetterselo, accumula.
Il punto dunque, dal punto di vista dell’ingrassamento, non è quello di ridurre o aumentare le calorie. Se lo faremo otterremo solo riduzioni o aumenti di peso contingenti, limitati nel tempo. Ciò che conta è porre l’ipotalamo per il maggior tempo possibile in modalità “consumo” in modo da riportare con gradualità l’organismo a percentuali di grasso e di muscolo corrette. Restringere drasticamente l’apporto calorico è invece il più potente segnale di accumulo che possa giungere all’ipotalamo: in periodo di crisi e di riduzione delle entrate, come ahimè ben sappiamo, si riducono i consumi. È chiaro, naturalmente, che fino a che non mangio il mio peso resterà basso, ma il mio ipotalamo avrà nel frattempo indotto una modalità di accumulo. Appena ricomincerò a mangiare, anche poco di più, metterò via tutto sotto forma di grasso. Che è ciò che succede regolarmente a chi faccia diete di restrizione.
Dopo la scoperta della leptina si sono susseguite le scoperte di altre molecole, secrete dalle nostre cellule adipose, dagli importanti risvolti nei confronti dell’attività ipotalamica di regolazione del grasso e di alcuni importanti assi metabolici. Adiponectina, resistina e visfatina sono altre tre molecole segnale importanti nell’induzione del dimagrimento e dell’ingrassamento, che vanno a completare il quadro già articolato degli effetti della leptina. Via via poi si sono scoperte o meglio definite le azioni ipotalamiche di altre molecole segnale, questa volta provenienti dall’apparato digerente, come la ghrelina, la colecistochinina, il glp-1 e altre, che nel loro complesso prendono il nome di enterochine.
L’irisina, un’importante miochina (citochina prodotta dal tessuto muscolare) va a completare un quadro complesso di interazioni dal cui equilibrio dipende però la nostra salute.
Adipochine (dai grassi), enterochine (dal digerente) e miochine (dal tessuto muscolare) sono dunque molecole segnale regolatorie dell’attività ipotalamica. La conoscenza di come questi segnali possano essere guidati nella direzione voluta da alimenti, integratori e modifiche nello stile di vita ha rappresentato l’ambito di studio e ricerca mio, dei professionisti Gift e dei medici AMPAS di questi ultimi anni.
Poiché la secrezione di leptina corrisponde ad un’attivazione metabolica importante in grado di agire sulla tiroide, sulla tendenza a muscolare, sul surrene, sulle gonadi e sul senso di sazietà, abbiamo cercato di capire, attraverso i numerosi lavori scientifici disponibili, quali fossero le leve in grado di stimolare naturalmente la leptina, e le altre molecole segnale. In parole più semplici si può dire che abbiamo cercato di imparare il linguaggio dell’ipotalamo per poter interagire con lui, inducendo delle risposte mirate.
Il primo e più importante segnale che va ad attivare l’ipotalamo è un adeguato apporto energetico. Se c’è “benzina” il metabolismo lavora. Se la benzina manca invece tutto si ferma, e la prima caloria che arriva viene poi accumulata sotto forma di grasso. Per dimagrire in modo stabile (cioè perdere solo massa grassa) occorre dunque mangiare di più? Sorprendentemente un buon numero di lavori sulla leptina conferma proprio questo dato.
Mangiare con abbondanza tuttavia presuppone il fatto che gli alimenti utilizzati per cibarsi siano di qualità, dove per qualità intendiamo simili agli alimenti naturali di cui l’uomo si è cibato negli ultimi 200.000 anni: frutta e verdura in abbondanza, proteine animali e vegetali (carne, pesce, uova, semi oleosi) e un “contorno” di cereali integrali, legumi, castagne e altri semi frutto di raccolta. L’alimentazione umana non può prevedere zucchero, farine raffinate, grassi fritti o idrogenati, dolcificanti, conservanti, e deve moderare l’oggi esagerato consumo di latticini e di cereali, soprattutto se raffinati (privati della fibra e del germe) e monospecie (frumento). Anche su questo la documentazione scientifica è chiarissima: cibi zuccherati o ricchi di amidi e privi di fibra sono potenti ingrassanti a causa delle reazioni biologiche connesse con i picchi insulinici da essi prodotti.
Altrettanti danni sono provocati su altri fronti dai grassi idrogenati (aterosclerosi e danno cardiovascolare in genere) dagli edulcoranti (induzione all’iperalimentazione) e dalle diete troppo monotone (eccesso di glutine, di caseina, risposte allergiche) o prive di fibra (diverticolosi, stipsi, cancro al colon). La libertà nella quantità dei cibi, e la conseguente fiducia nella perfetta regolazione ipotalamica dell’appetito, sono strettamente correlate con una forte attenzione verso la qualità. Nessun animale è mai grasso, in natura, pur non facendo alcuna dieta: mangia solo il suo cibo naturale fino a completa sazietà. E non conosce diabete, ipercolesterolemia o patologie cardiache. Gli unici animali grassi, oltre ad Homo sapiens, sono quelli che con Homo sapiens condividono il cibo raffinato: il cane o il gatto della nonna. L’abbondanza di cibo sano non ha mai provocato ingrassamento indesiderato o danni metabolici a nessun animale. I centri cerebrali della sazietà, non disturbati da endocrine disruptors come zucchero, edulcoranti, grassi fritti o alterati, additivi e conservanti, fermano la fame al momento opportuno, prevenendo iperalimentazione e accumulo. Al contrario zucchero e grassi alterati lavorano sui nostri centri cerebrali di reward (ricompensa) inducendoci a ricercare compulsivamente nuovo cibo, in una spirale incontrollabile. Solo il ripristino dei corretti segnali ipotalamici attraverso una induzione naturale di adipochine, enterochine e miochine può mettere fine a questo circolo vizioso.
Un potente segnale regolatorio cerebrale è quello conseguente ad una regolare attività fisica, quotidiana e di buona intensità. Molti lavori scientifici confermano ormai il valore del movimento sia in chiave preventiva che curativa di molte patologie: diabete, ipertensione, sovrappeso, ipotiroidismo, depressione, Alzheimer, Parkinson, dislipidemie, malattie autoimmuni, patologie cardiovascolari come infarto e ictus ecc. Poiché però il movimento non fa vendere farmaci, ed anzi ne consente un uso più limitato, non è “spinto” come sarebbe giusto (e scientifico) fare. Proveremo a coprire questa carenza.
L’errore più comune è pensare che fare sport significhi solo consumare calorie. Fare movimento significa invece dire al proprio organismo che si sta bene, che ci si procurerà del cibo, che si cercheranno nuovi partner. E l’ipotalamo, stimolato dall’adiponectina prodotta dal tessuto adiposo e dall’irisina sviluppata dal tessuto muscolare, farà seguire a questi stimoli una serie di risposte attivanti a livello di massa muscolare (che crescerà in quantità e nella sua capacità di consumo), a livello surrenale (umore alto, risposta allo stress, steroidi anabolizzanti e sessuali) e a livello ovarico/testicolare (estrogeni e testosterone) con un forte stimolo di attivazione metabolica, di dimagrimento e di salute nel senso (psico-fisico-sociale) più ampio del termine, così come definito dall’OMS.
La sedentarietà infatti non è neutra: spinge nella direzione opposta alla salute, verso un drammatico rallentamento metabolico. Ecco perché, in un’ottica di segnale, non si può prescindere da una minima attività fisica quotidiana che, sebbene sia un pallido ricordo del movimento che ci ha accompagnato nel corso dell’evoluzione, è indispensabile all’attivazione di un corretto segnale ipotalamico di salute e dimagrimento. Senza movimento si potrà solo deperire, seguendo una dieta di restrizione, o ingrassare qualora ci si alimenti in modo scorretto. Dimagrire in salute, mantenendo tono muscolare ed equilibrio, mai.
Anche l’infiammazione da cibo, un tempo definita intolleranza o ipersensibilità alimentare, è un segnale forte, in grado di indurre patologia. Oggi si può dire con grande certezza scientifica che l’infiammazione dei tessuti e dell’organismo induce segnali interni che favoriscono un rallentamento metabolico, ovvero un potenziale ingrassamento. Gestire quindi una intelligente rotazione settimanale su alcuni cibi più “a rischio” può indurre dimagrimento e ridurre i sintomi di diverse patologie su base allergica o autoimmune. L’approccio di segnale a questo tipo di patologie passa attraverso una sistematica riduzione dell’infiammazione cronica da cibo, impostata con rotazioni alimentari che consentano di non superare mai quel livello “soglia” corrispondente alla situazione infiammatoria patologica. L’infiammazione da cibo dice all’ipotalamo, attraverso le medesime citochine di tutti gli altri tipi di infiammazione (e in particolare attraverso l’adipochina chiamata resistina), che il ritmo vitale dev’essere rallentato, accumulando più grasso e rallentando l’attività tiroidea. La resistenza insulinica indotta genera poi secrezione da parte degli adipociti di visfatina, un potente proinfiammatorio, generando un altro nefasto circolo vizioso. Per questo motivo la medicina di segnale vede nell’infiammazione cronica un nemico della salute che deve essere combattuto attraverso forti modifiche allo stile di vita.
Altre regole importanti fanno parte di uno stile di vita sano, che produca messaggi ipotalamici coerenti: scegliere cibi ricchi di fibra (legumi, cereali integrali, verdure, frutta, noci); masticare a lungo; prendersi il tempo necessario per mangiare tranquilli. Va poi perseguito un buon equilibrio psicologico, che richiede non solo un lento mangiare, ma anche un buon dormire, e magari la capacità di evitare stati ansiosi o di eccessivo stress. La via più semplice per generare segnali positivi sta tuttavia nei tre “generatori di segnale” più potenti: l’abbondanza di calorie sane e pulite, un’adeguata quantità di proteine in ogni pasto, una costante abitudine al movimento fisico.
Dalla comprensione dei concetti legati ad un’alimentazione di segnale deriva in tempi brevi un’applicazione medica anch’essa basata sui segnali. Se è l’ipotalamo a governare tiroide, surrene, ovaie e testicoli, che senso può avere, di fronte (per esempio) a una tiroide lenta, forzarla con un farmaco dall’esterno? Molto più ragionevole intervenire a livello ipotalamico con modifiche di stile di vita in grado di stimolare una risposta tiroidea “dall’interno”. Così facendo non avremo soppresso e sostituito l’attività tiroidea, ma riequilibrato la capacità dell’organo di rispondere correttamente agli stimoli: innescando un processo di guarigione invece che di dipendenza farmacologica. Altrettanto potremo fare di fronte ad un’amenorrea, ad un’impotenza maschile, ad un’osteoporosi, ad una fibromialgia, ad una depressione.
Per poter lavorare con una medicina di segnale occorre però prima riconoscere il potere terapeutico di alimentazione e stile di vita. Passo culturale che ancora non tutti hanno fatto, talvolta per analisi superficiale, talaltra invece a causa della forte pressione dell’industria nel far passare il messaggio che solo i farmaci possono davvero guarire.
La realtà è spesso l’esatto opposto: quasi nessun farmaco “guarisce”. Può alleviare i sintomi, sopprimere una reazione, appiattire una risposta immunitaria, anche consentire una qualità della vita più accettabile, ma la vera guarigione si ottiene spesso solo ripristinando quell’equilibrio complessivo che ogni organismo in piena salute sperimenta da solo senza medici e senza medicine. Compito del medico o del nutrizionista “di segnale” è dunque quello di accompagnare gentilmente il proprio paziente verso quell’equilibrio. Le informazioni scientifiche che, a partire dal 1994, abbiamo oggi a disposizione, ci consentono per la prima volta di farlo alla luce della scienza e non più, come un tempo, sulla base di illuminate intuizioni.
Oggi la nutrizione di segnale è una realtà (dal 2011 è operativa un’associazione di medici, l’AMPAS , che si occupa della divulgazione di questi concetti). Aspettiamo una nuova generazione di medici e nutrizionisti che abbiano una preparazione e una motivazione sufficiente per andare fino in fondo.
Dott. Luca Speciani