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Ingrassamento e infiammazione: quali correlazioni? Il circolo vizioso di visfatina e resistina

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Di solito si pensa all’ingrassamento come conseguenza di un eccesso di cibo, o comunque come sbilanciamento tra calorie assunte e calorie consumate. L’impostazione dietologica di segnale, basata sulla regolazione ipotalamica delle modalità di accumulo o di consumo, ha smentito più volte questa idea ormai superata. È tuttavia veramente difficile comprendere quanto siano tra loro connessi ingrassamento e infiammazione: il legame, ben definito a livello scientifico, sfugge infatti a molti. Cerchiamo dunque di capire cosa lega cosi strettamente i due fenomeni.
Resistina e visfatina
Negli ultimi 20 anni il tessuto adiposo umano ha assunto valenza di vero e proprio organo endocrino, oltre che di magazzino di scorta energetica. Infatti è un attivo secretore di ormoni, o più in generale di molecole segnale che svolgono – a livello cerebrale – importanti funzioni regolatorie. La leptina, l’ormone che segnala la normocaloricità, ovvero l’assunzione del giusto numero di calorie necessarie all’organismo, è ormai considerato uno degli ormoni metabolicamente più potenti. Tuttavia non è il solo: resistina e visfatina le fanno buona compagnia all’interno degli adipociti con il compito specifico di modulare infiammazione, resistenza insulinica, accumulo di grasso e reattività immunitaria: vediamo come.
Insulina e ingrassamento
L’insulina è un ormone secreto dal pancreas endocrino che ha la capacità di svuotare il sangue dagli zuccheri e di accumularli sotto forma di depositi nelle cellule adipose. L’insulina è richiamata da alti livelli di zuccheri nel sangue, e questo è il motivo per il quale l’induzione di frequenti picchi glicemici (provocata dall’assunzione frequente di zucchero, farine raffinate e cibi industriali) può generare ingrassamento in modo relativamente rapido.
Quando per un lungo periodo di tempo mangiamo male, e il nostro sangue si addolcisce, l’insulina provvede da un lato ad accumulare grasso, dall’altro a “blindare” le cellule adipose, impedendo il loro svuotamento. Tutti ottimi motivi per porsi l’obiettivo di evitare quanto più possibile un eccesso nell’azione dell’ormone.
Ingrassare senza zuccheri
Il nostro corpo, però, si è ritagliato la possibilità di indirizzare l’organismo verso l’accumulo di grasso, anche in assenza di zuccheri nel sangue. La molecola coinvolta in questo processo è la resistina. In pratica se l’organismo ha “bisogno” di accumulare scorte, ovvero ha bisogno di ingrassare, attiverà la resistina che innalza la resistenza all’insulina (da lì il suo nome) senza neppure bisogno di impennare la glicemia o abusare di zuccheri. Con la resistina in azione una parte importante delle calorie assunte col cibo verrà indirizzata verso i grassi e gli adipociti verranno “lucchettati” bloccando la loro possibilità di cedere il loro contenuto in trigliceridi. Una molecola segnale pericolosa, dunque, che tuttavia svolge un prezioso servizio protettivo per la difesa del nostro organismo.
Infiammati si accumula
Se proviamo a capire in quali situazioni le nostre cellule grasse secernono resistina, possiamo comprendere a fondo il legame tra infiammazione e ingrassamento. La resistina infatti viene secreta proprio (bellissimi gli studi di Mitchell Lazar su questo argomento) quando il tessuto adiposo è infiammato. In altre parole, quando il corpo percepisce un’emergenza. Ricordiamoci che l’organismo si infiamma quando è ferito, quando è vittima di un’infezione, quando ingerisce dei veleni o – più comunemente oggi – quando assume sempre gli stessi cibi, magari raffinati, cotti, alterati, industriali. In queste condizioni la resistina (secreta tra l’altro anche dai macrofagi, cellule immunitarie sempre presenti dove ci sia infiammazione) va a nozze, e ha il compito preciso di proteggere le nostre scorte grasse, perchè l’uomo ferito, malato, avvelenato, non potrà certo mangiare con facilità (almeno nel paleolitico). Chiaro il concetto?
Un circolo vizioso
Come se non bastasse, il lavoro della resistina viene affiancato da quello della visfatina, un’altra importante molecola segnale secreta dal tessuto adiposo. La visfatina va a sommare la sua azione a quella, già ingrassante, dell’insulina, in due particolari condizioni: in ipossia (carenza di ossigeno) e in iperglicemia (quando esageriamo con gli zuccheri). Riuscite a indovinare quale sia l’azione specifica della visfatina? Nientemeno che una potente attivazione dei linfociti B, cioè ancora del sistema immunitario e dei suoi processi infiammatori, tanto da meritarsi il nome di “B-cell enhancing factor”. Ovvero: se mangiamo tanti zuccheri partono insulina (grasso) e visfatina (infiammazione), e se sono infiammato parte la resistina (ancora grasso e maggiori fabbisogni di insulina) in un circolo vizioso che ci porterà ad ingrassare sempre di più.
Nuove diete per stare bene
Come bloccare questo perverso (ma in fondo protettivo) meccanismo? Attraverso il controllo dell’assunzione di zuccheri semplici e di farine raffinate (insulina, visfatina) e attraverso il controllo dell’infiammazione (resistina). Dunque attraverso un approccio dietologico moderno e concreto, che difenda il nostro organismo invece di rendergli difficile lo svolgimento naturale delle sue funzioni. Il nostro organismo si comporta secondo linee di complessità, spesso in modo non lineare. Per comprenderlo occorre affrontare questa complessità e diradarne le nebbie. Capire il collegamento profondo tra infiammazione e ingrassamento significa disporre di approcci diversi e nuovi al dimagrimento, che ci consentono poi di capire perché quella “pancetta” non ne vuol sapere di andare giù. Qualcuno – e nel 2014 sembra davvero incredibile – è ancora lì a contare le calorie.

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