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Chi dorme non piglia peso: relazioni nascoste tra sonno e obesità

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Di Lorenzo Anelli
L’obesità è una patologia in continuo aumento non solo tra gli adulti, ma anche tra i bambini, divenendo un importante problema sociale, oltre che un costo ingente per la Sanità per tutte le conseguenze mediche che ne derivano nel corso del tempo.
Nell’ottica di cercare di garantire un approccio multisciplinare che comprenda stile di vita, alimentazione e attività fisica, utilizzo, quando necessario, un Holter metabolico per seguire il paziente per alcuni giorni. In particolare, lo strumento permette un campionamento in continuo di variabili fisiologiche e dati di attività fisica determinando, attraverso particolari algoritmi, il grado di attività durante la giornata, i livelli di attività fisica, gli stati di sonno e veglia e altri parametri.
Proprio attraverso l’utilizzo dell’Holter metabolico, tra i vari dati ottenuti, sono venute alla luce alterazioni della durata e della qualità del sonno che i pazienti, nel corso dell’anamnesi, avevano completamente omesso, non comprendendo l’importanza di un adeguato ritmo sonno-veglia per il trattamento dell’obesità.
Sono stati intrapresi numerosissimi studi nel tentativo di individuare i meccanismi che portano all’aumento di peso patologico, alcuni dei quali hanno cercato di definire la relazione tra il ritmo circadiano, il sonno e l’obesità. Ciò che è emerso dalle recenti osservazioni è che la prima battaglia contro l’obesità si combatte proprio durante il riposo notturno. La qualità e durata del sonno sembrano giocare, attraverso gli ormoni prodotti nella regolazione del ritmo sonno-veglia, un ruolo fondamentale sul metabolismo energetico dell’uomo.
Lo stesso alimento ha effetti diversi sull’organismo a seconda del momento della giornata in cui viene assunto e a seconda della regolarità dei ritmi fisiologici del soggetto. Se assunto la mattina, la termogenesi indotta dalla dieta aumenta rispetto all’assunzione serale dello stesso. Inoltre, nel momento in cui il ritmo circadiano risulta desincronizzato, come può avvenire ad esempio in caso di lavoro notturno o jet-lag cronico, la stessa termogenesi si riduce rispetto al valore normale, con effetti dannosi sulla regolazione metabolica e favorendo diabete e obesità.
La sostanza che, oltre alla funzione di regolazione circadiana, esercita proprietà antiossidanti, antinvecchiamento ed immunomodulatorie, è la melatonina (Nacetil-5-metossitriptammina, MLT), prodotta dalla ghiandola pineale. Il picco di secrezione è notturno e la sua produzione è controllata dal nucleo soprachiasmatico ipotalamico. L’azione principale della melatonina è di agire come traduttore neuroendocrino del ciclo sonno-veglia. La produzione dell’ormone rallenta dopo i 20 anni e decresce dai 45 anni in poi, per poi scomparire quasi del tutto in tarda età.
La somministrazione di melatonina ai soggetti anziani comporta un aumento delle ore di sonno, un miglioramento del tono dell’umore e una diminuzione della sonnolenza diurna. La deficienza di melatonina, una delle conseguenze della deprivazione di sonno, è stata correlata con l’obesità. Viceversa, l’obesità può comportare a sua volta alterazioni del sonno. Una scarsa qualità del sonno è un fattore che può favorire lo sviluppo di obesità non solo negli adulti, ma ha effetti negativi già dall’infanzia.
La supplementazione dell’ormone si è dimostrata in grado di migliorare le alterazioni delle adipochine indotte dall’obesità in topi obesi ob/ob. Anche sull’uomo, tale ormone sembra normalizzare l’espressione e secrezione della leptina e dell’adiponectina, implicati nella regolazione metabolica.
E’ stato condotto uno studio in doppio cieco su 44 donne obese. In tale studio, è emerso che la supplementazione di melatonina in donne obese è in grado di comportare effetti benefici sull’infiammazione e sugli stress factors ossidativi.
Tuttavia non è la somministrazione esogena di melatonina che può risolvere stabilmente questi problemi. L’impostazione medica di segnale suggerisce una regolazione interna della secrezione naturale attraverso modifiche mirate ad alimentazione e stile di vita.
E’ quindi importante che il paziente comprenda che uno stile di vita poco regolare può risultare dannoso e tale da contrastare i tanti sacrifici che lo stesso possa compiere nel tentativo di perdere peso. Le alterazioni ormonali che derivano dalla desincronizzazione del ritmo circadiano sono in grado causare un aumento di peso corporeo sino all’obesità tanto nell’adulto quanto nel bambino. L’efficacia della dieta aumenta se accompagnata da un adeguato riposo notturno, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Il trattamento medico del paziente obeso, alla luce dei vari studi condotti negli ultimi anni, necessita sempre più di un approccio multidisciplinare, al fine di tenere in considerazione tutti i fattori che possano avere un ruolo nella patologia.

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