Gli studi italiani più recenti sulla diffusione di sovrappeso e obesità in Italia (Studio PASSI del 2000 e Okkio alla salute del 2008) dimostrano una crescita impressionante negli ultimi anni, per quanto riguarda sovrappeso e obesità infantile. Il dato dimostra, se ancora ve ne fosse bisogno, che l’impostazione dietologica basata sulle calorie – oggi ancora dominante – si è rivelata del tutto incapace di migliorare la salute dei nostri ragazzi almeno per quanto riguarda i problemi legati al loro peso.
Il paradigma oggi dominante basato sulla riduzione delle calorie assunte è dato per assodato, nonostante numerosi lavori scientifici ne smentiscano l’efficacia. Si vedano in proposito, ad esempio:
Schwartz MW et al. – NEJM 336; 1997
Neuroendocrine responses to starvation and weight loss in zucker obese rats(Abbassamento del metabolismo basale, caduta dei livelli di leptina, soppressione della fertilità, consumo della massa muscolare).
Chan JL et al. – J. of Clin. Invest. 111; 2003
The role of falling leptin levels in the neuroendocrine and metabolic adaptation to short term starvation in healthy man.
Wadden TA et al. – JAMA 264; 1990
Long-term effects of dieting on resting metabolic rate in obese outpatients(Diete da 1220 e 420 kcal: il metabolismo basale dei pazienti scendeva in 5 settimane il doppio della percentuale di peso persa!).
Douyon L et al. – Endocr Metab Clin North Am 31; 2002
Effect of obesity and starvation on thyroid hormone, growth hormone, and cortisol secretion (Il trattamento dell’obesità con diete ipocaloriche causa un calo nell’fT3 e un aumento del rT3 – reverse T3 – con contemporaneo calo del GH).
Il calo muscolare non è il solo effetto deleterio di questa obsoleta impostazione: un regime ipocalorico infatti determina anche un pesante effetto squilibrante sugli equilibri relativi delle adipochine prodotte dal nostro tessuto adiposo. Dal ’94, infatti, le nostre cellule grasse hanno assunto – grazie alle scoperte di Friedman – la veste di vero e proprio organo endocrino, in quanto attive secretrici di molecole biologicamente attive come la leptina, l’adiponectina, laresistina.
Se ad esse si aggiungono le recenti definizioni delle modalità di segnale ipotalamiche delle principali enterochine (ghrelina, CCK, GLP-1) il quadro diventa via via più complesso, ma la sua comprensione permette di gettare nuova luce sul problema dell’ingrassamento.
Tali molecole hanno oggi profondamente modificato la concezione di ingrassamento e dimagrimento, spostando l’interesse dei ricercatori più sugli aspetti di segnale che su quelli puramente quantitativi relativi alle calorie. Non pare più così vero che “una caloria sia sempre uguale a una caloria” se si esaminano gli effetti della leptina sull’ipotalamo in termini di attivazione del TRH, del CRH, dell’alfa-MSH e – a livello ipofisario – di GH, FSH e LH.
Tutti gli assi metabolici più importanti sono controllati dalla leptina e dalle sue interazioni con le altre adipochine ed enterochine: tiroide, risposta surrenalica, costruzione di osso e muscolo, funzioni sessuali, risposta infiammatoria. Con conseguenze dirompenti su ingrassamento e dimagrimento ogniqualvolta questo equilibrio venga ad alterarsi.
Si tratta dunque di un vero cambio di paradigma, che sposta i ragionamenti nutrizionali da una dinamica quantitativa a una dinamica di segnale, che vede i centri di regolazione ipotalamici protagonisti delle nostre scelte “interne”, come peraltro già noto da tempo per quanto riguarda la ritenzione idrica, la temperatura corporea, la pressione ecc.
Per trasformare questa nuova conoscenza in atti pratici occorre però un altro passaggio logico: quello che spiega il perché evolutivo del comportamento ormonale del tessuto adiposo. Senza questo nesso la lettura della copiosa documentazione scientifica prodotta dal ’94 ad oggi risulta difficile.
Da qui il nostro sforzo interpretativo (attraverso quel regime alimentare che prende il nome di Dieta GIFT) per comprendere come l’essere umano abbia evoluto delicati strumenti di difesa dalla carestia, che oggi per la prima volta leggiamo in modo molecolare e che fino a qualche anno fa potevano essere solo teorizzati.
La leptina e le altre molecole segnale rappresentano dunque un meccanismo di controllo molto efficiente sullo stato dinamico delle nostre riserve nutritive. Se stiamo mangiando a sufficienza oggi, la leptina fluisce e manda il suo prezioso segnale di attivazione all’ipotalamo, che comincia (via TRH) a far “sprecare” calorie attraverso la tiroide. Nello stesso tempo attiva tutti gli altri assi metabolici (ossa, muscoli, funzioni sessuali) e spegne la fame attraverso l’inibizione del NPY (neuropeptide Y). Se non disponiamo di cibo a sufficienza, invece, avviene l’esatto opposto: fame da lupi e rallentamento metabolico.
L’adiponectina, invece, richiede una spiegazione meno immediata. Viene infatti prodotta dalla cellula adiposa in relazione alla quantità (statica!) di grasso contenuta nel tessuto. Se la cellula è magra si produce adiponectina, se vi è molto grasso, al contrario, la produzione è ridotta. In pratica l’adiponectina (come suggerisce il nome: ammazzagrasso) riduce la resistenza insulinica e induce dimagrimento, attraverso l’attivazione delle UCP (uncoupling proteins) del tessuto adiposo bianco e bruno, nonché del tessuto muscolare (cellule dotate di recettori per l’adiponectina). In pratica siamo davanti a un incredibile “acceleratore” del dimagrimento, che viene stimolato dalla presenza dei corretti segnali, e in particolare dal dimagrimento ottenuto con il consumo attivo delle scorte.
Uno degli strumenti più efficaci per attaccare le scorte adipose è il movimento fisico. Che noi non intendiamo come puro mezzo di consumo calorico. Certo, il consumo calorico aggiuntivo c’è, ma ciò che viene stimolato è proprio il meccanismo dell’adiponectina, che deve essere evolutivamente visto come il “segnale del cacciatore”, ovvero di quell’essere umano che – finito l’inverno e incominciata la stagione della caccia – deve togliersi di dosso rapidamente tutte le scorte inutili per muoversi con rapidità e agilità nella savana o nella foresta.
Via via che le scorte si abbassano, l’adiponectina viene secreta in quantità maggiore, generando un effetto cascata. Effetto che però deve essere continuamente mediato dall’ok leptinico – proveniente dall’ipotalamo – che conferma all’organismo che la caccia è andata a buon fine, e che vi è cibo quotidiano a sufficienza per mantenersi in attività e poter continuare a consumare grasso. Analoga potenza è purtroppo anche nel processo inverso. Non appena le quantità ingerite diventino insufficienti (fine caccia o periodo di carestia) e subentri una relativa sedentarietà, il segnale di rallentamento adiponectinico indurrà un circolo vizioso (in realtà protettivo) che porterà ad un rapido ingrassamento.
Un’interessante correlazione è quella che si instaura tra infiammazione e leptina. Il corretto segnale leptinico infatti, attraverso la POMC, produce anche alfa-MSH (melanocyte stimulating hormone) di cui sono noti i potenti effetti antinfiammatori. L’assenza, al contrario, di tale segnale, genera quindi infiammazione. Ma l’infiammazione tissutale è quella che più di tutti stimola la produzione da parte degli adipociti della resistina, altra potente molecola segnale in grado di innalzare la resistenza insulinica e di indurre quindi ingrassamento. La resistina è prodotta sia dalle cellule adipose, sia dai macrofagi stessi – richiamati in loco, in un disastroso circolo vizioso, dalle citochine infiammatorie naturalmente prodotte dagli adipociti (IL1, IL6, TNF-alfa). In sintesi: quando si parla di stretta correlazione tra infiammazione, perossidazione e ingrassamento basta fare riferimento ai recenti lavori che le correlano.
Correre e muoversi, per tenere sotto controllo con il sovrappeso, anche l’aspetto infiammatorio generale, è dunque indispensabile? Sì, come documentato dal brillante lavoro di Bramble e Liebermann (Nature 432, Nov 2004) che ci spiega come la corsa faccia parte di noi, e gli “anormali” siano i sedentari. Ciascuno dovrà fare i conti con le proprie potenzialità e con il proprio livello di allenamento. Improvvisare può essere dannoso. Tuttavia sarebbe ora che il movimento fisico fosse più spesso considerato dai dietologi come una vera e propria prescrizione farmacologica, piuttosto che come una generica raccomandazione.
Chi fa sport ha in ogni caso un consumo più elevato di proteine, e una produzione quantitativamente maggiore di radicali liberi. È importante, soprattutto in fase iniziale, controllare questo fenomeno con un apporto adeguato di sostanze antiossidanti. In primis con frutta e verdura fresche e quanto più possibile crude, in ogni forma. Inoltre con sostanze dal documentato potere antiossidante, quali il deuterosulfazyme, l’acido lipoico, le vit. A, C, E ecc. qualora non fornite a sufficienza dall’apporto alimentare quotidiano.
Il quadro che si sta formando è di grande interesse scientifico, e deve far ritenere del tutto superato l’obsoleto approccio basato sulle sole calorie, purtroppo ancora oggi insegnato in molte scuole. La comprensione sempre più stretta delle dinamiche di segnale che legano i nostri comportamenti all’omeostasi ipotalamica fornirà ben presto nuove chiavi d’intervento per controllare sempre meglio le dinamiche di ingrassamento e dimagrimento dell’individuo.

Il lato oscuro degli alimenti
Molti alimenti nascondono “tra le righe” componenti o processi che