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Gli esami del sangue del triathleta “stanco”

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Gentile dott. Luca Speciani,
praticando triathlon da molti anni con buoni risultati, mi trovo ultimamente a patire una frequente sensazione di stanchezza, senza specifico riferimento alla durezza o alla frequenza degli allenamenti svolti. Mi chiedo e le chiedo: quali sono gli esami del sangue che posso effettuare per capire se tutto è a posto oppure se ho qualche parametro sballato? E in particolare: se sto tirando troppo la corda, da quali esami posso accorgermene?


Risponde il dott. Luca Speciani

Preparare e poi disputare un triathlon olimpico, un 70.3 o un ironman, sottopone il fisico (ancorché allenato) ad un impegno non indifferente e ad uno stress notevole. Se la preparazione è stata adeguata  possiamo recuperare bene e velocemente; in caso contrario è possibile che insorgano problemi. A questo proposito, alcuni esami ematochimici di uso corrente e di facile esecuzione possono fornire indicazioni utili. Tali accertamenti assumono importanza prima e dopo la prestazione al fine di monitorare lo stato di salute dell’atleta e valutarne il recupero post-gara o dopo allenamenti impegnativi.

Uno degli eventi più comuni durante una prova molto prolungata è l’insorgenza di rabdomiolisi (danno alle cellule muscolari) che porta al rilascio nel sangue del contenuto enzimatico delle cellule muscolari stesse. Alcune delle sostanze rilasciate vengono dosate fornendo indicazioni specifiche sul grado delle lesioni muscolari. Si verifica inoltre uno stato infiammatorio di entità variabile, dovuto sia al danno muscolare che al rilascio di citochine (molecole in grado di controllare alcune risposte infiammatorie dell’organismo) indotto dall’attività fisica molto intensa.

Tra i marcatori di danno muscolare la CPK (creatinafosfochinasi) è uno dei valori più conosciuti ed utilizzati. La CPK è un enzima coinvolto nei processi energetici muscolari ed il suo aumento nel siero dopo allenamenti o gare è un buon indicatore di rabdomiolisi. Sono stati evidenziati aumenti di CPK fino a 50 volte rispetto ai valori basali dopo un ironman, a 20 volte dopo un 70.3 e a 10 volte dopo un triathlon olimpico. L’enzima lattico deidrogenasi (LDH) è altresì indicativo di danno muscolare.  E’ importante ricordare che esistono numerosi tipi (isoforme) di LDH, specifiche per i diversi tessuti e che alcune sue isoforme, se aumentate, evidenziano danno epatico.  Anche in questo caso sono stati riscontrati valori molto alterati dopo gare di lunga durata.

Anche AST (aspartato aminotransferasi) e ALT (alanina aminotransferasi), dette anche transaminasi, sono indicatori di danno muscolare, ma sono meno specifiche in quanto sono importanti segnali anche di danno epatico, magari indipendente dallo sforzo fisico. Dopo un 70.3 o dopo un ironman i valori delle transaminasi possono aumentare fino a 10-15 volte rispetto ai valori basali.

Un parametro importante come marcatore di infiammazione è la PCR (Proteina C Reattiva) che aumenta nel siero nel corso di processi infiammatori acuti e cronici. Tale valore può triplicare rispetto ai valori normali dopo un 70.3 e aumentare fino a 15-20 volte dopo un ironman. E’ interessante notare che l’aumento della PCR è significativamente maggiore nei soggetti meno allenati e quindi i suoi valori potrebbero fornire indicazioni sullo stato di allenamento.

Anche l’emocromo può subire alterazioni dopo un triathlon prolungato. Sono ad esempio possibili fenomeni di emodiluizione (aumento della parte liquida del sangue) o emoconcentrazione (calo della parte liquida con aumento della densità ematica). Ad esempio dopo un ironman può verificarsi subito emoconcentrazione per notevole perdita di liquidi e dopo alcune ore emodiluizione per aumento dell’aldosterone (ormone che aumenta la ritenzione di liquidi). Si può anche avere un aumento transitorio del numero dei globuli bianchi. Tuttavia tutte queste alterazioni tendono a normalizzarsi in breve tempo.

Alcuni ormoni risultano alterati dopo un ironman. Tra questi il cortisolo (ormone dello stress, prodotto dal surrene), che aumenta fisiologicamente durante l’attività fisica intensa. Tuttavia la persistenza nel tempo di valori alterati è da molti ritenuto marcatore di stress organico e di sovra-allenamento. In ogni caso l’interpretazione dei valori di questo ormone non è semplice perché sottoposto a variazioni circadiane (più elevato al mattino, più basso di notte) e stagionali. Più utile può essere  il dosaggio del cortisolo urinario nelle 24 ore che meglio esprime la frazione attiva nel sangue di questo ormone. L’aldosterone  che promuove il riassorbimento di sodio e cloro e favorisce la ritenzione dei liquidi corporei, aumenta anche di 7 volte dopo un olimpico o un 70.3. Ciò spiega il frequenta aumento di peso dopo una gara prolungata: il cortisolo, quando è in eccesso, può addirittura sostituirsi all’aldosterone generando ritenzione di sodio, e quindi di acqua extracellulare.

In tutti questi casi è importante monitorare a qualche settimana di distanza dalla prova che i valori temporaneamente fuori norma siano rientrati. Se non lo fossero potrebbe esservi una patologia coesistente, che richiede maggiore approfondimento, o ancora tempi di recupero troppo brevi che non consentono l’instaurarsi di un adeguato meccanismo di supercompensazione, che sta alla base di ogni progresso sportivo.

Se la stanchezza non fosse dovuta al carico agonistico, è possibile anche monitorare lo stato della tiroide, i valori di ferritina e sideremia, il valore assoluto del cortisolo urinario, lo stato alimentare generale, l’eventuale presenza di infiammazione da cibo. Un’analisi non facilissima che deve essere svolta da un bravo medico che conosca a fondo le interazioni tra organi, alimentazione e attività sportiva.

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