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Storia di una ricerca tutta italiana

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo per il nostro sito da parte di Pier Mario Biava, uno scienziato coraggioso, e medico AMPAS , che da tempo cerca di combattere lo squilibrio della cellula tumorale lavorando sulla complessità della vita, nel tentativo di riprogrammare la cellula malata attraverso un ripristino dei suoi corretti segnali.
Benvenuto Piermario


Le premesse di una ricerca che ha cambiato il paradigma scientifico.
In un articolo pubblicato nel 1988 su Cancer Letter scritto con i miei collaboratori dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Trieste insieme a ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano veniva fin dalle premesse descritto come il lavoro, che veniva presentato, partisse dall’ipotesi che i tumori fossero patologie reversibili, sulla base di osservazioni scientifiche che dimostravano come fattori del microambiente embrionario fossero in grado di riprogrammare le cellule tumorali, riconducendole ad un comportamento normale. Dopo quel primo lavoro i miei studi sono continuati nel tempo con la collaborazione di diversi Istituti Universitari: l’Università La Sapienza di Roma, l’Università di Pisa e l’Università di Bologna, oltre che con Università straniere ( con il Prof. Klavins della Cornell University di New York, con il Prof. Ablijn dell’Università dell’Arizona, scopritore del PSA, il primo marker del tumore della prostata e per questo molto famoso nel mondo ecc.). Queste ricerche sono state portate avanti per un periodo abbastanza lungo senza suscitare interesse nella comunità scientifica, in quanto la maggior parte dei ricercatori e degli oncologi rivolgevano la loro attenzione e le loro ricerche nel mappare il DNA e individuare i singoli geni che potevano essere importanti come cause dei tumori. Nel frattempo però queste ricerche in un arco sufficiente lungo di tempo avevano permesso di individuare i vari meccanismi molecolari con cui i fattori di differenziazione  delle cellule staminali normali, prelevati dall’embrione di Zebrafish (era stato scelto detto embrione perchè esso è il modello più studiato del differenziamento embrionario) fossero in grado di differenziare o di condurre alla morte cellulare programmata le cellule tumorali. Non solo, ma erano state individuate da quali sostanze fossero costituiti tali fattori ed erano state identificate, con gas cromatografia- spettrometria di massa, le singole molecole che entravano nella composizione dei diversi networks differenziativi.
Lo studio sistematico del codice che organizza la vita: il codice epigenetico.
Questi studi avevano permesso di capire che quello che veniva studiato era il codice che oggi viene definito “epigenetico”, ovvero il codice che nel momento in cui la vita si forma è presente nella sua totalità nell’embrione, mentre negli individui adulti è presente nei singoli organi solo in modo molto parziale. Allorchè all’inizio di questo secolo, dopo che la sequenziazione di tutti i geni del DNA era terminata e si era capito che il codice genetico, su cui si erano basate tutte le speranze di poter cambiare i destini delle cellule, da solo non sapeva fare assolutamente nulla (funziona come un hard disk di un computer che deve essere programmato) anche la comunità scientifica, che ha sempre detenuto il potere e ha determinato le scelte più importanti dei campi del sapere su cui intervenire, ha iniziato a rivolgere l’attenzione altrove. Così l’attenzione dei ricercatori, oltre che sul codice genetico, si è spostata sul codice epigenetico. A questo punto le mie ricerche erano già molto avanti ed avevano permesso di capire che l’utilizzo in modo specifico e selettivo di detto codice epigenetico era in grado di determinare il destino delle cellule staminali normali e patologiche: si trattava di un vero e proprio codice di regolazione in grado di attivare o disattivare i vari geni su cui si voleva intervenire. I risultati che ora si vogliono comunicare sono stati fatti con un progetto di ricerca condotto sotto l’egida del Istituto Nazionale Biostrutture Biosistemi Consorzio Interuniversitario, costituito da 23 università italiane che ha affidato la Direzione Scientifica delle ricerche a me al Prof. Carlo  Ventura, con il quale stavo già collaborando. Gli studi di questi 2 ultimi anni condotti sulle cellule staminali adulte umane isolate dal tessuto adiposo hanno portato a chiarire aspetti fondamentali sul ruolo di regolazione del codice epigenetico a livello del DNA codificante.
Le diverse funzioni e le incredibili attività regolatorie del codice della vita.
Intanto è stata individuata una frazione del codice epigenetico, che per la prima volta nel mondo, si è rivelata  in grado di mantenere attivi in modo naturale, senza manipolazioni genetiche, i geni staminali in grado di impedire l’invecchiamento cellulare (si tratta degli stessi geni che Shinya Yamanaka, che per questo nel 2012 aveva vinto il Nobel, aveva introdotto in modo artificiale con un retrovirus in una cellula differenziata, la quale però non può essere utilizzata senza rischi proprio a causa delle manipolazioni subite: nelle nostre ricerche invece le cellule rimangono giovani senza subire manipolazioni, proprio sulla base di una regolazione fisiologica dei geni staminali). Inoltre si è confermato che un’altra parte del codice epigenetico è in grado al contrario di rallentare la moltiplicazione cellulare, differenziando le cellule o a inducendone la morte cellulare programmata (questo si era già visto con i processi di moltiplicazione alterati come avviene in patologie quali il cancro o la psoriasi). Infine si è dimostrato che una ridondanza di fattori del codice epigenetico è in grado di impedire in modo molto significativo la degenerazione delle cellule nervose (ciò avviene perchè inizialmente la ridondanza di fattori, ovvero di tutti i fattori presenti dall’inizio alla fine del processo di differenziazione, dapprima espande il numero di cellule staminali e poi le differenzia nel tessuto specifico). Gli studi sono ancora in corso per capire sempre meglio come il codice epigenetico, che è il vero e proprio codice che da origine alla vita, sia in grado di riparare i tessuti e quindi di poter essere usato in medicina rigenerativa, in particolare nelle patologie in cui si richiede il trapianto di cellule staminali. Detti regolatori epigenetici possono infatti potenziare gli effetti positivi legati al trapianto di cellule staminali ed in futuro di sostituirsi al trapianto stesso, considerato che è stato dimostrato che gli effetti benefici del trapianto di cellule staminali non sono dovuti alle cellule trapiantate, ma ai fattori che esse producono. Tali fattori sono quelli prelevati dall’embrione di Zebrafish che, come si è detto, sono proteine ed acidi nucleici con proprietà regolatorie, che per altro si è dimostrato essere gli stessi della specie umana.
Una rivoluzione scientifica: il cambio di paradigma.

Alla fine quello che è risultato chiaro è che la vita si organizza sulla base di programmi informativi che forniscono, alla stregua di applicazioni, pacchetti di istruzioni precise: queste sono unità inscindibili, che non vengono utilizzate se vengono frammentate. D’altra parte la ricerca più attuale e moderna ha dimostrato come questi fattori di regolazione vengano trasferiti alle cellule come pacchetti informativi diversi, contenuti in vescicole, chiamate esosomi, che hanno come targets specifici cellule specifiche, in base ai contenuti informativi, ovvero ai fattori di regolazione specifici, che essi trasportano. In pratica l’informazione trasportata contiene anche l’indirizzo a cui queste informazione deve essere trasferita. Si è arrivati così ad un cambio di paradigma scientifico come sottolineato dal Professor Ervin Laszlo, Presidente del Club di Budapest e Filosofo della Scienza e della Teoria dei Sistemi, il quale ha sottolineato come le ricerche presentate abbiano comportato un diverso modo di pensare ed un diverso tipo di pensiero, che sposta il baricentro della visione della biologia e della medicina da un paradigma meccanicistico, dove l’uomo e il vivente sono visti come aggregati meccanici su cui si può intervenire in modo artificiale per cambiarne il comportamento, ad una visione sistemica che vede il vivente come una rete informativa che va regolata in modo fine e fisiologico. La medicina sta andando incontro al cambiamento che ha già subito la fisica, che da una visione meccanicistica è passata alla fisica dei quanti e della relatività. Per detto motivo con Laszlo ho scritto il Manifesto del Nuovo Paradigma in Medicina, che è stato sottoscritto e condiviso da moltissimi medici, biologi, psicologi, psichiatri.
Pier Mario  Biava

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