Riceviamo, e con piacere pubblichiamo, dalla Dr.ssa Antonella Carini questa riflessione su un recente lavoro scientifico, ennesimo tassello che ci indica l’importanza e la funzione di alcune tipologie di adipociti, e delle conseguenze che possono avere sulla nostra salute a lungo termine.
Il grasso ed il cattivo: il pericoloso ruolo degli adipociti
Da zavorra a protagonista
Da tempo, nella visione d’insieme di “segnale”, il grasso non viene più pensato come uno “scomodo zainetto”, magari antipatico, antiestetico, ma in fondo solo una zavorra da portare in giro. Tutt’altro.
Il grasso noi da tempo lo consideriamo, in linea con le aggiornate indicazioni scientifiche degli studi più recenti, un ” protagonista attivo”, a livello metabolico, energetico, endocrino.
Ecco quindi l’importanza di averne un quantitativo utile alla vita ed al benessere. Non certo il “minimo possibile”, ma quello che viene identificato con un percentuale di benessere.
Il nostro corpo, per i suoi scopi di salvaguardia e di accumulo difensivo, tende ad accantonarne una certa quantità.
Se lo stile di vita, i segnali di ingrassamento, cause genetiche ed altri co-fattori, inducono un aumento eccessivo, questo grasso corporeo diventa un importante organo endocrino che, tramite la produzione di adipochine va ad attivare una serie di comandi che lavorano a livello infiammatorio, di aumento delle resistenze (resistenza insulinica e leptinica), disordini metabolici, irregolarità nel senso di sazietà.
Ed i gradi di tale problematiche diventano via via più complessi e ramificati.
Un recentissimo lavoro (maggio 2017) cerca di indagare gli effetti degli adipociti su varie forme di tumore, a tutti i livelli: genesi, sviluppo, propagazione, reazione alle terapie.
Una comunicazione strettissima
Vengono evidenziati legami fortissimi tra adipociti ed il microambiente creato dal tumore. In molti casi si ha proprio uno stretto contatto fisico tra gli adipociti stessi e le cellule cancerose. In altri casi, l’azione viene realizzata con la secrezione di fattori che predispongono un ambiente favorevole allo sviluppo, sia a livello locale che sistemico. Questa comunicazione stretta, tra adipociti e cellule malate può portare a modificazioni sia funzionali che del fenotipo di entrambi i gruppi con il rischio di stimolare la progressione stessa del tumore.
Questo aspetto diventa rilevante con il crescere della percentuale di grasso, diventando assolutamente primario in caso di obesità, in cui si ha sia un aumento del tessuto adiposo sia in quantità che in qualità. In questo caso, l’obesità viene ad essere un pesante fattore di rischio sia per lo sviluppo del tumore che per la mortalità ad esso correlata.
I punti di azione
Nel lavoro in esame, vengono evidenziati i meccanismi che sono alla base di questa perversa comunicazione grasso-cancro:
- costruzione di un ambiente favorevole allo sviluppo
- propagazione locale
- sviluppo di metastasi
- resistenza alle terapie
Ci sono dei valori di riferimento considerati positivi, per il quantitativo di tessuto adiposo che possiamo ospitare nel nostro corpo senza conseguenze negative. Ed anzi con un equilibrio positivo.
Nel lavoro in esame, sono stati considerati in linea percentuali di grasso tra il 18 ed il 25% nell’uomo e tra il 25 ed il 31% nella donna.
In realtà esistono diversi “range consigliati” ed il mondo dietaGIFT, per dare un riferimento molto buono (e non solo accettabile) consiglia percentuali rispettivamente intorno al 12% ed al 20%.
Questo perché intendiamo dare un riferimento ottimale, ed allora adottiamo le percentuali rapportate alla migliore aspettativa di vita. Sono dunque parametri un pochino più ambiziosi della media.
Ma torniamo al lavoro in questione e valutiamone l’impatto.
Diversi tipi di grasso, localizzazione, funzioni
Le percentuali viste raccolgono diversi “tipi di grasso”:
- WAT, white adipose tissue, il grasso sottocutaneo, localizzato anche intorno agli organi interni e nel seno femminile (nello specificio MAT, mammary adipose tissue)
- BAT, brown adipose tissue (BAT), localizzato prevalentemente su collo, fra le scapole, nella zona delle ascelle
Il primo è un reale organo endocrino, profondamente coinvolto nella regolazione del peso, mentre il secondo gioca il suo ruolo principale nella regolazione della temperatura corporea, in relazione all’assunzione di cibo ed alla risposta all’ambiente (freddo/caldo).
Oltre a queste due tipologie principali recentemente sono stati individuati anche adipociti “beige” con caratteristiche simili ai brown ma localizzati nelle zone white.
Ed altri adipociti un po’ particolari nel midollo osseo.
Ad ogni modo, il lavoro in oggetto si focalizza sui WAT. Questo tessuto è composto da adipociti maturi, pre-adipociti, fibroblasti, cellule endoteliali e del sistema immunitario.
Gli adipociti in realtà, ne costituiscono numericamente solo il 14-24%, ma essendo di grandi dimensioni, finiscono per esserne il maggior componente.
La scoperta delle leptina, nel 1994, li ha catapultati da “deposito passivo” a protagonisti attivi delle più varie e potenti funzioni metaboliche. Oggi sappiamo che producono adipochine, comprendenti fattori di crescita, ormoni, citochine, adiponectina e, appunto, leptina.
Altri fattori vengono via via correlati alla produzione degli adipociti, quindi questa direzione non è certo esaurita.
Obesità è patologia
E’ molto importante capire oggi (e continuare a studiare in futuro), come questi fattori siano correlati, a livello locale o sistemico, con la progressione del cancro: il suo sviluppo, la crescita, la propagazione delle metastasi, la risposta alle terapie antitumorali.
In punto di partenza incontrovertibile è che l’obesità è una patologia Spesso gli studi la identificano con un valore troppo alto di BMI. Noi sappiamo che questo dato non è sempre significativo ed andrebbe sostituito (o almeno integrato) con la misurazione della percentuale di grasso corporeo. Oggi ci sono molti strumenti qualificati ad effettuare tale misurazione, come impedenziometria tricompartimentale o misurazione ecografica, che possono farci entrare maggiormente nella “qualità” del peso corporeo.
Nel caso dello studio in esame, trattandosi di soggetti obesi, possiamo prendere assolutamente per buona l’identificazione di eccesso adiposo.
L’immagazzinamento avviene con l’espansione degli adipociti principalmente in volume (ipertrofia) ma anche con una loro crescita numerica (iperplasia).
Ma a ciò si somma anche un’alterazione della “qualità” degli adipociti: nell’obeso il tessuto grasso è caratterizzato da un’infiammazione cronica, che ne altera le funzionalità e di conseguenza disturba la normale secrezione di adipochine. Inoltre nel tessuto adiposo dell’obeso, risultano alterate varie funzioni immunitarie, con l’attivazione di macrofagi pro-infiammatori.
Questo inserisce l’obesità, ma anche il sovrappeso, tra i maggiori fattori di rischio (insieme a problematiche cardiovascolari e diabete di tipo2) per il tumore e la mortalità che ne deriva. In particolare le incidenze risultano aumentate per adenocarcinoma esofageo, tumori del colonretto, endometriale e tumore al seno (specie post-menopausa).
Essendo diffuse in gran parte del corpo, le cellule adipose sono spesso a stretto contatto con quelle tumorali, specie in caso di tumori solidi. Ma le connessioni sono profonde anche i tumori ematologici.
Risultati pesantissimi
E questo stretto linguaggio è pericoloso. Il grasso favorisce la progressione del cancro a vari livelli
- costituisce una fonte di metaboliti ed adipochine che possono nutrirne la crescita
In particolare la mancata regolazione di leptina, adiponectina, estrogeni, insulin-like growth factor 1 (IGF-1) e hepatocyte growth factor (HGF). - favorisce le capacità invasive delle cellule tumorali, sia nella sede primaria (ad esempio favorendo l’angiogenesi, formazione di nuovi vasi, che portano nutrimento, con il vascular endothelial growth factor A (VEGFA)) che nelle metastasi (ad esempio con la produzione della citochina IL-6 che si è visto promuovere in queste condizioni la migrazione delle cellule tumorali)
- inibisce la piena efficacia di molte terapie, difendendo, di fatto, la proliferazione del tumore stesso (minore efficacia di chemio, radio ed endocrinoterapia).
Cosa ci insegna questo lavoro?
Non possiamo più nasconderci dietro stereotipi sul grasso e la forma fisica. Qualche chiletto in più non è di per se un grosso problema. Ma quando questi chiletti aumentano, (complice un normale calo metabolico, la sedentarietà, la menopausa, le gravidanze, la buona tavola, il Natale), o si somma ad altre condizioni patologiche (dislipidemie, problematiche glicemiche,ecc.) è bene fissare qualche linea precisa. Tenersi d’occhio, senza ossessioni, ma anche senza trascurarsi. Molto della salute è nelle nostre mani.
Non soggiaciamo ai malesseri di questa generazione, che spazia dall’ossessione fisica all’incuria totale.
Dieta buona e sana, come indicato dal metodo dietaGIFT e da altri regimi che indicano la strada e con cui abbiamo dei punti in comune, anche nel campo della prevenzione: cereali integrali, consumo quotidiano di 5 (anche meglio, 7) porzioni di frutta/verdura, riduzione di carni rose ed eliminazione di quelle lavorate/conservate, uso di grassi insaturi e polinsaturi a crudo, forte riduzione degli alcolici, eliminazione degli zuccheri aggiunti a cibi e bevande.
Prevenzione, cura e bellezza. Da subito.
Di: Antonella Carini
Bibliografia
Duong MN et al. – Oncotarget. 2017 May 20.
The fat and the bad: Mature adipocytes, key actors in tumor progression and resistance.