Caro Dott. Speciani,
le sottopongo un quesito che da qualche tempo mi attanaglia. Sono soggetto a infortuni molto frequenti legati a ossa e articolazioni, che vanno dalle microfratture alle ossa del piede fino ai problemi alle articolazioni del ginocchio. Può immaginare, praticando triathlon in modo amatoriale, quante volte abbia dovuto interrompere la preparazione a gare a cui tenevo molto.
Recentemente il mio medico di base, molto attento alle problematiche degli sportivi, mi ha segnalato una possibile correlazione tra infortuni osteo-articolari e infiammazione cronica (di cui credo di soffrire: ho pelle sempre arrossata, frequenti dermatiti, borse sotto gli occhi, disturbi intestinali, rigidità muscolari). Altri medici, che tuttavia mi parevano poco informati sull’argomento, non hanno ritenuto rilevante questa correlazione. Avendo visto che ha recentemente trattato questo argomento sull’ultimo libro che ha scritto con Lyda Bottino (“Food sensitivity”) gradirei un suo illustre parere.
Grazie,
Antonello
Risponde il Dott. Luca Speciani:
Proteasi e osteoclasti
Il livello infiammatorio generale dell’organismo, che parta da una parodontite, da una gastrite o da un’alimentazione molto “occidentalizzata”, può ridurre in modo importante la densità ossea rendendo più frequenti fratture e infortuni in genere.
Il danno si basa sull’azione combinata di due fattori:
– La liberazione in fase infiammatoria di proteasi e di altri enzimi in grado di indebolire la matrice ossea, almeno nella sua parte organica (costituita in buona parte da collagene)
– Il reclutamento in loco di cellule fagocitiche, in special modo osteoclasti, in grado di consumare massa ossea.
Bisogna ricordare che l’infiammazione (che tanti danni può causare al nostro organismo) è pur sempre una reazione di difesa guidata dal nostro sistema immunitario e dalle sue molecole segnale. Un tessuto infiammato riceve un apporto maggiore di sangue e di nutrimento (per facilitare la guarigione) ed aumenta in modo massiccio gli scambi tra sangue e tessuti attraverso una contrazione degli epiteli vasali (le cellule che rivestono i nostri vasi) che possono così lasciare passare le cellule deputate alla rimozione dei residui dell’infezione o del trauma.
Tutte queste reazioni, una volta scatenate, possono andare a colpire anche il tessuto osseo. Dobbiamo tenere presente che gli osteoclasti sono a tutti gli effetti dei macrofagi, ovvero cellule specializzate nella rimozione di residui e “rifiuti”, che sono quindi sensibili al richiamo delle citochine pro-infiammatorie. In altre parole, se i tessuti sono infiammati, il numero di osteoclasti richiamati in loco può superare di gran lunga quello degli osteoblasti (costruttori) abitualmente presenti, generando squilibrio.
E il cibo?
Dal punto di vista alimentare stanno recentemente e per fortuna modificandosi alcuni dei concetti che per anni hanno accompagnato le tristissime “diete a basso tenore di calorie” che venivano propinate dalla letteratura americana. Gradualmente sono affiorate alcune nuove verità: per esempio che è preferibile fare uso di carboidrati complessi integrali capaci di rallentare l’assorbimento degli zuccheri; che è importante bilanciare l’apporto di carboidrati e proteine anche nel singolo pasto; che l’olio di oliva, un volta colpevolizzato, è invece un alimento salutare antinfiammatorio; che è molto meglio l’attività fisica di qualsiasi prodotto farmaceutico per mantenere vitali e resistenti le nostre ossa. Dati recenti segnalano poi i gravi danni connessi all’eccesso di insulina, a cui si aggiungono i noti drammatici effetti sull’ingrassamento, sull’infiammazione e sull’alterazione del profilo lipidico, correlati ad un consumo smodato di zuccheri semplici nella nostra alimentazione quotidiana. I punti chiave quindi che devono orientare l’alimentazione di chi abbia problemi di bassa densità ossea devono essere rivolti, non – come molti ancora equivocano – alla ricerca dei cibi contenenti tanto calcio, quanto piuttosto, per tutto quanto fin qui discusso:
– Al controllo delle calorie complessive assunte, per evitare l’accumulo di grasso generatore di infiammazione, ma anche per evitare malnutrizioni o sottonutrizioni di ogni genere
– Al controllo dei picchi insulinici scatenati da sovradosaggi di zuccheri semplici, per l’effetto infiammatorio da essa prodotto (visfatina/resistina)
– Ad un corretto stimolo dei segnali leptinici provenienti dalle cellule adipose, in grado di stimolare la produzione di GH (ormone della crescita) attraverso la mediazione ipotalamo-ipofisaria.
Riportare l’equilibrio
Lo squilibrio tra costruzione e rimozione ossea non è un fatto di “mattoncini” (che pure servono), ma il frutto di segnali scorretti che il nostro stile di vita e la nostra alimentazione danno al nostro cervello. Gli attori di questa rappresentazione sono alcuni neurotrasmettitori, ormoni, minerali e citochine il cui equilibrio è alterato da comportamenti alimentari aberranti: leptina, grelina, insulina, sodio, calcio, magnesio, zinco, vitamine C e D, ormone della crescita, collagene, TNF-alfa, NFkB ecc. dalle cui eccessive o carenti secrezioni può dipendere l’equilibrio tra costruzione di nuovo osso mediata dagli osteoblasti, e rimozione dell’osso stesso mediata dagli osteoclasti. “Raddrizzare” l’alimentazione può essere una ricetta vincente e non farmacologica per ridurre l’infiammazione e indurre salute.
Uno sportivo infiammato da cibi industriali, in sovrappeso e seguito con le classiche diete ipocaloriche per cercare di “dimagrire” sarà molto più facilmente soggetto a infortuni, a infezioni e a tempi più lunghi di convalescenza. Una formazione mirata del medico sportivo volta, nell’ottica della medicina di segnale, a riconoscere la correlazione tra infiammazione e danni osteoarticolari non potrà che aiutare a comprendere meglio la complessità del corpo umano e delle sue risposte naturali.